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UFFICIALIZZATO IL VADEMECUM DOCFA VERSIONE 1.0 PER UNIFORMARE LE PROCEDURE A LIVELLO NAZIONALE
Il Vademecum Do.C.Fa. costituisce uno strumento di supporto e di riferimento per i tecnici professionisti incaricati della redazione degli atti di aggiornamento del Catasto Fabbricati e per il personale dell’Agenzia addetto ai controlli di registrabilità degli atti nella banca dati catastale, in conformità alle disposizioni normative e di prassi in materia, alle quali deve comunque farsi riferimento per i temi dalle stesse espressamente disciplinati. Attraverso l’indicazione di linee guida a carattere nazionale, il Vademecum Do.C.Fa. ha l’obiettivo di perseguire una maggiore uniformità nella compilazione e trattazione degli atti di aggiornamento del Catasto Fabbricati, favorendo così anche la progressiva automazione dell’intero processo di registrazione degli atti di aggiornamento nella banca dati catastale. Questa prima versione, che valorizza consolidate esperienze già maturate in ambito locale nonché il continuo confronto con le categorie professionali interessate, sarà oggetto sia di aggiornamenti, per adeguarne i contenuti alle norme, alle disposizioni di prassi e agli sviluppi software che di volta in volta dovessero intervenire, sia di integrazioni, per approfondire ulteriori temi e casistiche che saranno ritenute di particolare interesse.
Si ricorda che costituiscono oggetto dell’inventario del Catasto dei Fabbricati tutte le unità immobiliari, come definite all’art. 2 del decreto del Ministro delle Finanze 2 gennaio 1998, n. 28. Attesi gli scopi istitutivi del sistema catastale, chiamato ad assolvere, oltre alla funzione fiscale, anche quella inventariale per finalità civilistiche (identificazione dei beni immobili per il trasferimento o la costituzione di diritti reali di godimento), lo stesso D.M. n. 28 del 1998, all’art. 3, comma 2, prevede che, ai soli fini della identificazione, possono formare oggetto di iscrizione in catasto anche altri beni immobili, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso. Al successivo comma 3 del medesimo articolo, lo stesso D.M. n. 28 del 1998 precisa, infine, quali immobili non costituiscono oggetto di inventariazione, a meno di una loro ordinaria autonoma suscettibilità reddituale.
La definizione di unità immobiliare è precisata con il citato art. 2 del D.M. n. 28 del 1998, il quale, al comma 1, ha previsto che “l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale” e, al successivo comma 3 del medesimo articolo, che sono da considerare unità immobiliari “anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale”.
Detta definizione di unità immobiliare – che in sintesi identifica un’entità fisica, giuridica ed economica – contempla, quindi, tutta l’ampia casistica delle fattispecie immobiliari da accertare nel Catasto dei Fabbricati: dai complessi industriali alle infrastrutture di trasporto, dalle ordinarie unità residenziali, commerciali e terziarie site nei centri urbani a quelle tipiche dei luoghi ovvero ubicate nei piccoli centri rurali.
Il Vademecum Do.C.Fa. costituisce uno strumento di supporto e di riferimento per i tecnici professionisti incaricati della redazione degli atti di aggiornamento del Catasto Fabbricati e per il personale dell’Agenzia addetto ai controlli di registrabilità degli atti nella banca dati catastale, in conformità alle disposizioni normative e di prassi in materia, alle quali deve comunque farsi riferimento per i temi dalle stesse espressamente disciplinati. Attraverso l’indicazione di linee guida a carattere nazionale, il Vademecum Do.C.Fa. ha l’obiettivo di perseguire una maggiore uniformità nella compilazione e trattazione degli atti di aggiornamento del Catasto Fabbricati, favorendo così anche la progressiva automazione dell’intero processo di registrazione degli atti di aggiornamento nella banca dati catastale. Questa prima versione, che valorizza consolidate esperienze già maturate in ambito locale nonché il continuo confronto con le categorie professionali interessate, sarà oggetto sia di aggiornamenti, per adeguarne i contenuti alle norme, alle disposizioni di prassi e agli sviluppi software che di volta in volta dovessero intervenire, sia di integrazioni, per approfondire ulteriori temi e casistiche che saranno ritenute di particolare interesse.
Si ricorda che costituiscono oggetto dell’inventario del Catasto dei Fabbricati tutte le unità immobiliari, come definite all’art. 2 del decreto del Ministro delle Finanze 2 gennaio 1998, n. 28. Attesi gli scopi istitutivi del sistema catastale, chiamato ad assolvere, oltre alla funzione fiscale, anche quella inventariale per finalità civilistiche (identificazione dei beni immobili per il trasferimento o la costituzione di diritti reali di godimento), lo stesso D.M. n. 28 del 1998, all’art. 3, comma 2, prevede che, ai soli fini della identificazione, possono formare oggetto di iscrizione in catasto anche altri beni immobili, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso. Al successivo comma 3 del medesimo articolo, lo stesso D.M. n. 28 del 1998 precisa, infine, quali immobili non costituiscono oggetto di inventariazione, a meno di una loro ordinaria autonoma suscettibilità reddituale.
La definizione di unità immobiliare è precisata con il citato art. 2 del D.M. n. 28 del 1998, il quale, al comma 1, ha previsto che “l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale” e, al successivo comma 3 del medesimo articolo, che sono da considerare unità immobiliari “anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale”.
Detta definizione di unità immobiliare – che in sintesi identifica un’entità fisica, giuridica ed economica – contempla, quindi, tutta l’ampia casistica delle fattispecie immobiliari da accertare nel Catasto dei Fabbricati: dai complessi industriali alle infrastrutture di trasporto, dalle ordinarie unità residenziali, commerciali e terziarie site nei centri urbani a quelle tipiche dei luoghi ovvero ubicate nei piccoli centri rurali.
La riconducibilitĂ di tutta la variegata casistica appena descritta al concetto di unitĂ immobiliare è stata possibile grazie al perfezionamento delle nozioni contenute nelle disposizioni sopra richiamate che consentono, piĂą puntualmente, di caratterizzarla in base a due requisiti essenziali: ď€- l’appartenenza allo stesso proprietario (ditta); ď€- la configurazione di un cespite indipendente, inteso come “minimo perimetro immobiliare”, caratterizzato da autonomia funzionale e reddituale.
Per meglio comprendere la definizione di “cespite indipendente come minimo perimetro immobiliare” si pensi, ad esempio, alle stazioni per trasporti terrestre, marittimo, aeroportuale o portuale, dove all’interno del “recinto” stazione, oltre ai beni e alle infrastrutture destinate al trasporto pubblico, sono presenti realtà immobiliari con destinazione funzionale e caratteristiche proprie di ciascuna unità immobiliare (negozi, bar, rivendite giornali, ecc.), in conformità a quanto stabilito dalla normativa catastale. Dall’intero quadro normativo sopra richiamato ne consegue che, per esempio, le abitazioni, i negozi, le autorimesse, i depositi, le tettoie, i chioschi per la rivendita di giornali o alimenti, gli edifici funzionali allo svolgimento delle attività produttive o agricole, le costruzioni stabilmente assicurate al suolo (compresi gli edifici sospesi o galleggianti), ma anche gli edifici semplicemente appoggiati al suolo, però stabili e con autonomia funzionale e reddituale, costituiscono unità immobiliari da denunciare e accertare autonomamente in catasto.
Il comma 2 dell’art. 3 del citato D.M. n. 28 del 1998 prevede che, ai soli fini della identificazione, possono formare oggetto di iscrizione in catasto, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso, i seguenti immobili:
â–Ş fabbricati o loro porzioni in corso di costruzione o di definizione;
▪ costruzioni inidonee ad utilizzazioni produttive di reddito, a causa dell’accentuato livello di degrado;
â–Ş lastrici solari;
â–Ş aree urbane;
Dal 1° luglio 2016, per effetto delle disposizioni introdotte dall’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 332 , le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione sono escluse dal novero delle unità immobiliari. Dette infrastrutture possono comunque essere ancora censite in catasto ai soli fini della loro identificazione (categoria F/7 – Infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione), senza attribuzione di rendita. Si precisa che le suddette disposizioni, entrate in vigore il 1° luglio 2016, rappresentano un’innovazione rispetto alla previgente disciplina che, fino a tale data, prevedeva, per tali infrastrutture, l’obbligo di dichiarazione in catasto in quanto unità immobiliari e l’attribuzione della categoria D/7 – Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni.
Si considerano “beni comuni”, secondo gli intendimenti del dichiarante, non solo quelli così definiti dal codice civile o da regolamenti o consuetudini condominiali, ma anche tutti quei beni che, in senso funzionale, sono al servizio di – o comunque utilizzabili da – due o più unità immobiliari.
La loro particolare gestione in ambito catastale (in “partite speciali”) risponde ad esigenze inventariali, senza coinvolgimento catastale nella gestione delle regolamentazioni condominiali o in riserve di pattuizioni. I beni comuni si suddividono in censibili (BCC) e non censibili (BCNC). I BCC sono beni che forniscono servizi comuni o sono fruibili da più unità immobiliari e che, al tempo stesso, sono connotati da autonoma capacità reddituale (ad esempio: l’alloggio del portiere, una piscina, un locale deposito o di rimessaggio a servizio comune, l’autorimessa a servizio comune, ecc.) e come tali dichiarati.
Per meglio comprendere la definizione di “cespite indipendente come minimo perimetro immobiliare” si pensi, ad esempio, alle stazioni per trasporti terrestre, marittimo, aeroportuale o portuale, dove all’interno del “recinto” stazione, oltre ai beni e alle infrastrutture destinate al trasporto pubblico, sono presenti realtà immobiliari con destinazione funzionale e caratteristiche proprie di ciascuna unità immobiliare (negozi, bar, rivendite giornali, ecc.), in conformità a quanto stabilito dalla normativa catastale. Dall’intero quadro normativo sopra richiamato ne consegue che, per esempio, le abitazioni, i negozi, le autorimesse, i depositi, le tettoie, i chioschi per la rivendita di giornali o alimenti, gli edifici funzionali allo svolgimento delle attività produttive o agricole, le costruzioni stabilmente assicurate al suolo (compresi gli edifici sospesi o galleggianti), ma anche gli edifici semplicemente appoggiati al suolo, però stabili e con autonomia funzionale e reddituale, costituiscono unità immobiliari da denunciare e accertare autonomamente in catasto.
Il comma 2 dell’art. 3 del citato D.M. n. 28 del 1998 prevede che, ai soli fini della identificazione, possono formare oggetto di iscrizione in catasto, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso, i seguenti immobili:
â–Ş fabbricati o loro porzioni in corso di costruzione o di definizione;
▪ costruzioni inidonee ad utilizzazioni produttive di reddito, a causa dell’accentuato livello di degrado;
â–Ş lastrici solari;
â–Ş aree urbane;
Dal 1° luglio 2016, per effetto delle disposizioni introdotte dall’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 332 , le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione sono escluse dal novero delle unità immobiliari. Dette infrastrutture possono comunque essere ancora censite in catasto ai soli fini della loro identificazione (categoria F/7 – Infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione), senza attribuzione di rendita. Si precisa che le suddette disposizioni, entrate in vigore il 1° luglio 2016, rappresentano un’innovazione rispetto alla previgente disciplina che, fino a tale data, prevedeva, per tali infrastrutture, l’obbligo di dichiarazione in catasto in quanto unità immobiliari e l’attribuzione della categoria D/7 – Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni.
Si considerano “beni comuni”, secondo gli intendimenti del dichiarante, non solo quelli così definiti dal codice civile o da regolamenti o consuetudini condominiali, ma anche tutti quei beni che, in senso funzionale, sono al servizio di – o comunque utilizzabili da – due o più unità immobiliari.
La loro particolare gestione in ambito catastale (in “partite speciali”) risponde ad esigenze inventariali, senza coinvolgimento catastale nella gestione delle regolamentazioni condominiali o in riserve di pattuizioni. I beni comuni si suddividono in censibili (BCC) e non censibili (BCNC). I BCC sono beni che forniscono servizi comuni o sono fruibili da più unità immobiliari e che, al tempo stesso, sono connotati da autonoma capacità reddituale (ad esempio: l’alloggio del portiere, una piscina, un locale deposito o di rimessaggio a servizio comune, l’autorimessa a servizio comune, ecc.) e come tali dichiarati.
Ai fini dell’iscrizione in catasto di beni immobili come BCC gli stessi devono essere menzionati come tali nel regolamento di condominio (registrato e trascritto presso i competenti Uffici dell’Agenzia), con proprietà ripartita fra tutti i condomini secondo i diritti vantati sull’area o sulla superficie della particella su cui sorge l’edificio. Nella dichiarazione in catasto di detti beni immobili è evidenziata sia la loro peculiarità di beni comuni censibili, sia la connessione con le unità immobiliari a cui sono asserviti.
Trattandosi di beni dotati di autonomia funzionale e reddituale, sotto il profilo inventariale (identificazione, rappresentazione planimetrica, ecc.) ed estimale (attribuzione del classamento e determinazione della rendita castale) sono trattati in catasto alla stregua di tutte le altre unità immobiliari, differendo da queste ultime per l’assenza esplicita di intestati (c.d. partita speciale “0” – beni comuni censibili).
I BCNC sono beni comuni per destinazione ad alcune o a tutte le unità immobiliari del compendio immobiliare nel quale sono ubicati (ad esempio androne, scale, transiti, locale centrale termica, vano ascensore, cortile comune, ecc.), ovvero per la loro specifica funzione di utilizzazione indivisa (ad esempio una rampa al servizio di soli posti auto), che non presentano autonoma capacità reddituale. Tali porzioni, che per la loro natura non costituiscono unità immobiliari, non sono pertanto soggette alla “dichiarazione di unità immobiliare urbana” , ma vanno comunque rappresentate nell’elaborato planimetrico ed ivi contraddistinte da riferimenti catastali, e non possono avere una ditta intestataria formalmente iscritta in catasto (c.d. partita speciale “A” – beni comuni non censibili).
Il comma 3 dell’art. 3 del richiamato D.M. n. 28 del 1998, dispone altresì che, a meno di un’ordinaria autonoma suscettibilità reddituale, non costituiscono oggetto di inventariazione i seguenti immobili: a) manufatti con superficie coperta inferiore a 8 m2; b) serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante sul suolo naturale; c) vasche per l’acquacoltura o di accumulo per l’irrigazione dei terreni; d) manufatti isolati privi di copertura; e) tettoie, porcili, pollai, casotti, concimaie, pozzi e simili, di altezza utile inferiore a 1,80 m, purché di volumetria inferiore a 150 m3; f) manufatti precari, privi di fondazione, non stabilmente infissi al suolo. Le opere di cui al comma 3, lettere a) ed e), nonché quelle di cui alla lettera c) rivestite con paramento murario, qualora siano accessori a servizio di una o più unità immobiliari ordinarie, sono oggetto di iscrizione in catasto contestualmente alle predette unità . Nell’esaminare gli immobili che possono rientrare in queste fattispecie, va prestata particolare attenzione non solo al dato dimensionale, alle caratteristiche costruttive, alla destinazione e alla precarietà del manufatto, ma occorre verificare prioritariamente l’aspetto fondamentale dell’ordinaria autonomia funzionale e reddituale.
Trattandosi di beni dotati di autonomia funzionale e reddituale, sotto il profilo inventariale (identificazione, rappresentazione planimetrica, ecc.) ed estimale (attribuzione del classamento e determinazione della rendita castale) sono trattati in catasto alla stregua di tutte le altre unità immobiliari, differendo da queste ultime per l’assenza esplicita di intestati (c.d. partita speciale “0” – beni comuni censibili).
I BCNC sono beni comuni per destinazione ad alcune o a tutte le unità immobiliari del compendio immobiliare nel quale sono ubicati (ad esempio androne, scale, transiti, locale centrale termica, vano ascensore, cortile comune, ecc.), ovvero per la loro specifica funzione di utilizzazione indivisa (ad esempio una rampa al servizio di soli posti auto), che non presentano autonoma capacità reddituale. Tali porzioni, che per la loro natura non costituiscono unità immobiliari, non sono pertanto soggette alla “dichiarazione di unità immobiliare urbana” , ma vanno comunque rappresentate nell’elaborato planimetrico ed ivi contraddistinte da riferimenti catastali, e non possono avere una ditta intestataria formalmente iscritta in catasto (c.d. partita speciale “A” – beni comuni non censibili).
Il comma 3 dell’art. 3 del richiamato D.M. n. 28 del 1998, dispone altresì che, a meno di un’ordinaria autonoma suscettibilità reddituale, non costituiscono oggetto di inventariazione i seguenti immobili: a) manufatti con superficie coperta inferiore a 8 m2; b) serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante sul suolo naturale; c) vasche per l’acquacoltura o di accumulo per l’irrigazione dei terreni; d) manufatti isolati privi di copertura; e) tettoie, porcili, pollai, casotti, concimaie, pozzi e simili, di altezza utile inferiore a 1,80 m, purché di volumetria inferiore a 150 m3; f) manufatti precari, privi di fondazione, non stabilmente infissi al suolo. Le opere di cui al comma 3, lettere a) ed e), nonché quelle di cui alla lettera c) rivestite con paramento murario, qualora siano accessori a servizio di una o più unità immobiliari ordinarie, sono oggetto di iscrizione in catasto contestualmente alle predette unità . Nell’esaminare gli immobili che possono rientrare in queste fattispecie, va prestata particolare attenzione non solo al dato dimensionale, alle caratteristiche costruttive, alla destinazione e alla precarietà del manufatto, ma occorre verificare prioritariamente l’aspetto fondamentale dell’ordinaria autonomia funzionale e reddituale.
👆👆👆👆 Apertura Piattaforma G.I.S.A. - Sicurezza e Prevenzione sui luoghi di lavoro si comunica che al momento la piattaforma non è sincronizzata con l’ispettorato del Lavoro ma solo con ASL, per cui all’ispettorato va inviato ancora la pec, oltre che alla prefettura per i soli lavori pubblici.